CINEMA TEATRO ITALIA
racconti di esperienze d'arte dal pianeta Italia
a cura di Elena Bucci
di Francesca Pica Il lago Sandro Pertini, o lago eXSina, è il frutto di una piccola rivoluzione della natura. Si trova in una posizione incuneata tra il Pigneto, via di Portonaccio, via Prenestina e via di Casal Bertone ed è sorto nel 1992 a seguito di un “incidente” durante i lavori di costruzione di un parcheggio privato; gli scavi hanno intercettato una falda acquifera, non a caso la zona si chiamava Acqua Bullicante, e l’invaso artificiale si è riempito di acqua purissima. Durante la notte la società di costruzioni tentò di svuotare l’invaso riversandolo nelle fogne causando l’esplosione delle condotte e l’allagamento di Largo Preneste. Nonostante questi maldestri tentativi in poche ore l’invaso era pieno e il lago si andava espandendo cominciando ad inglobare le strutture. Da allora il lago continua ad essere alimentato dalla sorgente ed è stato richiamo per una flora e una fauna tali da farlo considerare Monumento naturale. Durante questi anni ci sono stati diversi tentativi per ricominciare i lavori sventati solo grazie alle lotte dei cittadini che tutt’ora si battono per la tutela del luogo, sempre a rischio di speculazione edilizia. (FP) Come potesse essere successo era un vero mistero. Fatto sta che si era addormentato sul divano, guardando dalla grande finestra i gabbiani che volavano torvi nel cielo nuvoloso, e si era risvegliato che non era più lui. Aprendo gli occhi una cupa angoscia lo aveva pervaso e una fitta alle tempie lo aveva fatto sobbalzare, restò fermo, forse aveva esagerato con le birre ieri sera. Stiracchiandosi si guardò attorno e gli sembrò che la dimensione del poggiapiedi, quella dei cuscini e del lampadario fossero diverse, fece per alzarsi ma rotolò per terra con un tonfo sordo accompagnato da un rumore simile a quello che fanno i sassolini levigati dall’acqua quando si fanno battere l’uno contro l’altro nel palmo della mano. Guardò le sue estremità: due zampacce grigie che terminavano con tre artigli erano spuntate al posto delle gambe e dei piedi, il corpo robusto era ricoperto di piume lucide color antracite, al posto delle braccia grandi ali si dimenavano nell’intento di cercare di rialzarsi da terra, la coda corta e cuneiforme, si muoveva su e giù e al posto della sua testa umana vi era una piccola testina arrotondata con un becco conico allungato e appuntito, grigio anch’esso. - Un corvo, con tutti gli uccelli colorati che esistono al mondo!? - e mentre pensava questo stava già svolazzando in giro per la casa. Si fermò sul davanzale della finestra. Era una grande finestra scorrevole alla quale lui non metteva mai la sicura - a chi verrebbe voglia di raggiungere un appartamento così in alto?! - infilò il becco nella conchiglia e, poco alla volta, riuscì a creare una piccola apertura. Non ebbe neanche il tempo di pensarci che si era già fiondato fuori, nel vuoto, come se le ali si muovessero per conto loro. La sensazione di orrore che l’attanagliò a causa dell’altezza e del vento forte, lo abbandonò dopo poco, quando si accorse che volare era uguale a una qualunque delle cose che faceva senza pensare: camminare, nuotare, saltare le pozzanghere... La giornata era grigia, sarebbe potuto piovere da un momento all’altro, la città sotto di lui cambiava in un continuo susseguirsi di quartieri, parchi, ponti, grandi piazze, obelischi, desertiche stazioni. Ora era tutto giallo, ora tutto rosso, ora tutto verde e ora tutto blu; c’era un lago sotto di lui - Possibile? In piena città? -. Si abbassò ancora un po’ e la sua attenzione fu rapita da un gruppo di uccelli che faceva cerchio attorno ad un pappagallo verde, un parrocchetto dal collare, si trovavano sulle rovine di una vecchia costruzione edilizia. Tutto intorno al lago vi erano edifici industriali abbandonati i cui tetti erano crollati, alcune facciate diroccate serbavano finestre che sembrava fossero state chiuse solo la sera precedente. Altri edifici più recenti mai portati a compimento svettavano, di loro restava uno scarno scheletro: solai che sbucavano direttamente dall’acqua e esili pilastri in cemento armato dai quali, all’estremità, uscivano pezzi di ferro. Tutto era ricoperto dalle più belle e rigogliose piante che si aggrappavano intorno abbellendoli con le loro foglie e con i loro fiori. Scese in planata tra anatre, gabbianelle, passerotti, cormorani, fagiani, storni, cornacchie, cinciarelle, rampichini, fringuelli, pettirossi, poiane, c’era anche un gheppio e un martin pescatore. “... avimmo risposto alla tua chiamata Pertì, mò i rappresentanti di tutte le specie stanno aspettanno nu signale! È arrivato pure ‘o corvo oì, l’attore, mò ci simmo tutte quante.” disse il pappagallo. Il lago prese la parola facendosi più grosso per arrivare all’altezza degli uccelli: “Belli l’uccelletti mia, ‘a storia ‘a conoscete, dicheno che so’ un lago artificiale, ma d’artificiale nun c’ho proprio nulla, so’ solo venuto fora da la tera mentre staveno a costruì, mortacci loro, e gli ho rovinato li piani indegni che c’aveveno. Aspettate un po’ e vedrete: stisfasciatutto se ne fregheno de me, dell’animali e de le piante che so’ spuntate fori, se ne ‘nfischiano d’a riserva naturale ‘nsomma. Un par de primmavere e ricomincieno a costruì! Quindi uccelletti mia, stavo a pensà: ma mo’ che i tempi so’ propizi... ma perché nun c’allargamo? Si c’allargamo adesso, che nun ce li avemo tra i piedi, quelli nun c’ha fanno a contenecce. Un conto è sto parchetto, n’artro conto saribbe tutt’a Prenestina, Casal Bertone, Potonaccio er Pigneto e a sto punto, pecché no, la città intiera! Chè uno dei miei grandi desideri saribbe quello d’ariunirme ar bionno Tevere. Senza levà ngnente a nessuno pè carità, io me ne starei sopra e lui de sotto, magari quanno arriveno le piogge e se ‘ngrossa, ce se potrebbe incontrà e mischiarciche un pochetto. Hai visto mai che me porta un po’ ar mare, che nun l’ho mai visto. Uccelletti mia, io me allargo più che posso ma voi dovete chiammà a raccolta insetti e piante per primmi, che in poco tempo tutt’attorno me deve cresce un ber po’ de robba, così se li mettemo in saccoccia na vorta pe tutte a sti sfasciatutto!” Un gabbiano si fece avanti: “Mì nun saria tanto d’accordo, òstrega, tuta la roba bona da mangiar che mì me trovo nei cassonetti, quei bei scarti saorìdi, no, no, no, mì senza l’uman non ci savria pròpio più scanpàr!”, “Ma statte zitto, ma chi ha ditto mai che avimmo fà a meno ‘e lloro! Stamm ‘a sente, vedi che gli facciamo pure un piacere, aia vedè quand’è doppo, comme so’ felici e stu cambiamento radicalo. E chi nun è d’accordo e vò turnà comme a primma... l’accidimmo!” sentenziò il pappagallo. Era sicuro di quello a cui stava assistendo? Le zampe gli tremavano e ritornò forte la fitta alle tempie. Si levò in volo allontanandosi più velocemente possibile dalle rovine, dal lago e dagli uccelli che neanche si accorsero di lui tanto erano intenti nei loro progetti. Doveva trovare un modo per avvertire le autorità prima che fosse troppo tardi. I pensieri gli si affollavano nella mente - Che immane tragedia, sta succedendo qualcosa che cambierà veramente il corso della storia dell’uomo? Se non dovessi riuscire a lanciare l’allarme, cosa possibile data la mia attuale nuova condizione, come faremo ad andare avanti? Il mondo cambierà veramente, dovremo riconsiderare tutto sotto una nuova luce, dovremo sottostare a nuove regole, nuovi poteri? Devo essere meno negativo e più lucido, forte e coraggioso, la vita mi ha dato un grande compito: salvare la mia specie, se ci riesco sarò un eroe! - Si fermò d’un botto su un’antenna. Un pensiero chiaro e limpido gli si era affacciato alla mente, un pensiero che gli faceva orrore ma allo stesso tempo si faceva spazio con una tale presenza che era impossibile bloccarlo. E se invece la vita volesse dargli una seconda possibilità in una nuova sembianza? Un futuro di certo più roseo lo aspettava se avesse accettato la sua attuale condizione di corvo, facente parte della specie degli uccelli, e si fosse dimenticato della precedente. E, ora che ci pensava bene, quel pappagallo gli si era rivolto chiamandolo l’attore - Questo vuol dire che mi conoscono, mi riconoscono, potrei essere finalmente qualcuno e non uno fra i tanti! - In quel preciso momento decise che avrebbe abbandonato la sua vecchia vita e si sarebbe dato corpo e anima al progetto di ampliamento del lago e di tutto quello che ne sarebbe conseguito. - Devo tornare dagli uccelli immediatamente - ma si accorse di essere a pochi isolati dalla sua abitazione e pensò che sarebbe stato meglio tornarci un’ultima volta per scrivere due righe di commiato da lasciare alla sorella e ai pochi amici che gli erano rimasti, non voleva certo si preoccupassero. Volava con una tale leggiadria che sembrava non avesse fatto altro fino ad allora e intanto si figurava gli spettacoli che presto avrebbe potuto realizzare, nuove prospettive si spalancavano, sarebbe diventato un pioniere dello spettacolo dal vivo! Già si vedeva in cima alla piramide dell’organizzazione teatrale, avrebbe dovuto intrecciare subito rapporti con il pappagallo che sicuramente doveva essere un pezzo grosso e farsi dare una mano per costruire dei teatri, decidere chi mettere a capo di ogni teatro, formare delle compagnie, fondare una scuola di recitazione... forse tutto nell’ordine inverso; per prima cosa sarebbe diventato l’unico detentore del sapere scenico, in assoluto. Che lucente futuro gli si prospettava. Era arrivato al davanzale della finestra, fece per entrare ma si pietrificò prima che potesse muovere le zampe. Restò fermo, incredulo a guardare: lui era ancora lì, sul divano, a dormire, al punto di partenza. I commenti sono chiusi.
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